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Come abbiamo già avuto modo di vedere le buyer persona rappresentano un pilastro nella creazione di una qualunque strategia di digital marketing che parli la lingua dell’Inbound.

Rappresentazioni fittizie di acquirenti tipo, questi identikit guidano infatti il marketer nella realizzazione di un piano d’azione mirato a rispondere alle necessità dei consumatori, ponendo questi ultimi (e non già l’azienda) al centro dell’attenzione.

Ma c’è di più: in una strategia Inbound, uno dei paradigmi che vanno ripetuti al limite dello sfinimento è “content is king”.

Ossia? La famosa massima pronunciata da Bill Gates nel 1996, e diventata una vera e propria filosofia di vita per tutti i marketer dell’era 2.0, mette la produzione di contenuti (blog post, guide, approfondimenti o materiali da condividere sui social) al centro del metodo divulgativo di un’azienda.

Non più, dunque, chiamate a freddo o pubblicità invadenti quanto, piuttosto, testi utili alla soddisfazione delle esigenze dei lettori (e, quindi, dei potenziali clienti).

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Le buyer persona nel content marketing

Bene, ma giunti a questo punto può sorgere una domanda del tutto lecita: che cosa c’entrano i contenuti con le buyer persona di cui sopra? Beh, c’entrano eccome! 

Per capirne meglio il motivo, partiamo da un esempio pratico: saper scrivere non significa necessariamente essere ottimi romanzieri e, allo stesso tempo, giornalisti dalla penna sopraffina. 

In entrambi i casi, infatti, la buona attitudine alla scrittura deve andare di pari passo con la capacità di creare dei testi fruibili da un pubblico specifico, che parla cioè un certo linguaggio e che ricerca nello scritto un particolare tipo di spunto.

Allo stesso modo, anche nel campo dell’Inbound scrivere (e bene) contenuti significa saper costruire una strategia di content marketing che rivolga tutta la sua attenzione alla buyer persona in analisi.

Questo significa conoscerne l’identità, l’età, il grado di istruzione ma, soprattutto, le necessità e gli obiettivi e, sulla base di questi, “cucire” loro addosso dei testi ad hoc.

 

A ciascuna buyer il suo contenuto

Ma come si fa a matchare la scrittura con le caratteristiche di ogni buyer? Per iniziare, basta partire da una più ampia suddivisione di queste ultime in due macroaree: quella del B2B e quella del B2C. 

Nel primo caso, ci si rivolge a persone specialiste di un certo settore o ambito lavorativo: con esse sarà del tutto normale (se non doveroso) utilizzare un linguaggio e un tipo di argomentazione tecnica e rilevante per la loro quotidianità professionale.

Tuttavia, è qui necessario operare un’ulteriore distinzione: un tipo di trattazione più operativa si adatta meglio a chi, in azienda, ha mansioni di tipo pratico (ci riferiamo, per esempio, all'assistente marketing, o alla segreteria).

Chi, invece, necessita di un’argomentazione maggiormente teorica è quel personale che all'interno dell’impresa ricopre un ruolo manageriale: in questo caso, infatti, è importante fornire informazioni utili a inquadrare il tema nelle sue linee guida, affinché la buyer possa demandare a un operatore l’attività più esecutiva.

Nel caso del settore B2C, invece, sarà necessario utilizzare un approccio al testo di tipo “umano”: con questo termine ci riferiamo a contenuti che permettano alle buyer di risolvere problemi legati alla quotidianità e alla vita di tutti i giorni. È bene ricordare, infatti, che chi si trova dall'altra parte del monitor è un potenziale cliente che ricerca in un prodotto o servizio qualcosa che sia utile per sé o per i propri cari: di conseguenza, anche il linguaggio utilizzato dovrà essere meno tecnico e il tono più vicino al parlar comune.

 

Il contenuto giusto per la buyer giusta al momento giusto

In ultima analisi bisogna ricordare che, come sempre nella vita, il tempismo è tutto, anche nel marketing. Ciò significa che, una volta creato il contenuto giusto per la giusta buyer, è importante sottoporle un testo che possa soddisfare al meglio le sue necessità in quella determinata contingenza “storica”.

Per esempio, è meglio evitare di mandare una mail di tipo commerciale a una persona che sta ancora inquadrando il problema che si trova ad affrontare. Per quale motivo? Semplice: perché una comunicazione di questo tipo precorre i tempi, confondendo (e, nella peggiore delle ipotesi, allontanando) un possibile cliente. Allo stesso modo, non è una buona pratica quella di arrivare in ritardo, per esempio sottoponendo all'attenzione di un cliente affezionato promozioni che non hanno nulla a che fare con le sue reali necessità. Il tempismo è tutto anche in ottica di misurazione dei dati.

Insomma, come vuole la letteratura “a ciascuno il suo”: abbinare il giusto contenuto alla giusta buyer significa non significa solo avere ottima padronanza di una delle principali regole dell’Inbound Marketing, ma anche porre le fondamenta per una content strategy di successo.

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Di Michelangelo Cornacchia | agosto 7th , 2018 | content marketing, buyer persona

Michelangelo Cornacchia
Marketing Manager

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