Come si possono sfruttare le opportunità del web per raccogliere dei fondi? Questa è la domanda principale attorno alla quale ruoterà il secondo appuntamento del SofàSoGood.
Il 22 Novembre, sul divano di Impact Hub Reggio Emilia, si parlerà di Digital Fundraising e della sua declinazione professionale: il Digital Fundraiser.
Il digital fundraiser si occupa di tutto ciò che riguarda la promozione dell'attività sociale e la raccolta fondi di un'organizzazione sul web. I suoi compiti sono trasversali e richiedono intraprendenza, capacità di visione e sensibilità.
Se ne parlerà approfonditamente dalle ore 18:30 con Elena Zanella, autrice per FrancoAngeli del libro “Digital Fundraiser” e Daniele Ferrari, digital strategist ed esperto di Crowdfunding.
Per scaldare i motori abbiamo chiesto ai due relatori di rispondere a quattro domande ciascuno. Iniziamo da Elena:
Viviamo in un mondo ormai iperconnesso e va da sé quindi l’importanza strategica del digital per la raccolta di fondi. Ma non tutte le generazioni di donatori sono “native digitali”. Qual è lo scenario attuale del fundraising sul web? E come ti aspetti che sarà tra cinque anni?
« Premetto che i donatori in genere non sono nativi digitali e non nascono sul web ma dobbiamo necessariamente distinguere lo scenario.
Da una parte abbiamo il “già donatore”, persona matura e abituata al dono secondo modalità diverse. Se ha confidenza con i sistemi digitali, il canale web diventa uno dei canali per confermare il dono verso la propria organizzazione preferita o per scegliere a quale ente dirigere la propria attenzione.
Diversamente dal “già donatore”, sempre maturo ma con poca o nulla confidenza al dono tramite piattaforma digitale che preferisce e preferirà sempre altri canali. È innegabile, da questo punto di vista, che il bollettino di conto corrente postale e il denaro contante siano le strade ancora preferite.
Dall'altra troviamo le giovani generazioni, native appunto, che per età anagrafica e potere di spesa non sono ancora donatrici e lo saranno, con ogni probabilità, in futuro.
Così, per semplificare, lo scopo del digital fundraising allo stato attuale non è tanto quello di raccogliere fondi in sé ma piuttosto di raccogliere adesione, consenso, dati da coltivare oggi e accompagnare in un percorso di confidenza crescente con la buona causa che potrebbe trasformarsi e portare, con il tempo, ad azioni di dono.
In una decina di anni il cambiamento generale porterà fisiologicamente in un cambio di donatori e dunque di modalità di dono. Il digital andrà in crescendo. »
Il secondo capitolo del libro è dedicato alla figura del professionista della raccolta dei fondi online. Mi potresti riassumere quelle che secondo te sono le caratteristiche e le peculiarità che deve avere un digital fundraiser?
« Il digital fundraiser è un professionista che deve avere una passione profonda per il no profit e la buona causa. Al tempo stesso deve avere una passione viscerale per tutto ciò che è innovazione. Deve essere curioso, deve saper scrivere bene in italiano ed essere costantemente aggiornato sul mondo digital, che è in continua evoluzione e richiede attenzione.
C’è un altro aspetto non secondario: i soft skills. Da una persona che si occupa di digital nel no profit ci si aspetta equilibrio e capacità d’analisi preventiva degli effetti metacomunicativi. Tutti aspetti essenziali per anticipare l’impatto che una scelta fatta può avere sugli stakeholder ai diversi livelli. »
Il digital fundraising utilizza numerosi strumenti, dalla pianificazione dei contenuti alla misurazione delle performance, passando dalla gestione del database fino alla gestione di influencer. Da questo punto di vista in effetti non è molto distante da una campagna di marketing digitale. Si può dire che l’approccio deve essere di tipo progettuale?
« In effetti stiamo parlando proprio di questo. La pianificazione delle attività e la gestione professionale delle stesse sono condizioni necessarie che decretano o meno il successo di una campagna. Il fundraiser non improvvisa ma intuisce. Pianifica, agisce con testa e per quanto possibile, anticipa. »
Parlando di strategia, a un certo punto scrivi che “l’obiettivo del fundraising è la sostenibilità, la ricerca di risorse – economiche, materiali o di persone – che permettano all’ente di svolgere i propri compiti e rispondere ai bisogni sociali prefissi”. Nell'ambito del sociale, il digital è un mondo abbastanza nuovo ed esistono molti modi per esplorarlo. Quali sono i canali e le modalità di engagement online che si possono utilizzare per raggiungere l’obiettivo?
« Per ingaggiare occorre comunicare e il web offre al sociale l'opportunità di avviare un dialogo costruttivo a costi di fatto contenuti. Il CPC si riduce notevolmente rispetto agli investimenti fatti sui canali tradizionali e allo stesso tempo offre la possibilità di intercettare pubblici finora insospettabili.
Questa complessità però necessita flussi comunicativi più assidui rispetto a prima perché i tempi di attesa digitali si sono notevolmente ridotti rispetto al passato.
L’interlocutore attuale non ha pazienza, vuole risposte immediate e deve trovare qualcuno disposto a stare ai suoi tempi perché può capitare che abbia un’emergenza o poco tempo da investire. Tutto questo lavoro richiede professionalità, costanza e tenacia, sia sulla scelta dei contenuti che nei modi per esprimerli.
I canali ad uso del fundraiser sono i medesimi che utilizza un digital manager occupato in una for profit, nulla cambia se non lo spirito e il coinvolgimento personale alla buona causa. »
Con Daniele Ferrari parliamo sempre di raccolta fondi ma da un punto di vista leggermente diverso. Approfondiamo con lui il tema del crowdfunding:
In un certo qual modo possiamo dire che il crowdfunding è arrivato oltreoceano grazie a Barack Obama, che ha pagato parte della sua campagna elettorale con i soldi donati dai suoi elettori. Ci sono esempi di successo qui in Europa?
« Sì, in Europa ci sono molti casi di successo. Uno dei più interessanti è forse Iron Sky, un film di fantascienza finlandese che ha raccolto milioni di euro in crowdfunding per portare sullo schermo una storia strampalata ma molto divertente a base di UFO, nazisti che vanno sulla luna e dinosauri! Guarda il trailer.
E anche l'Italia ha visto alcuni progetti raggiungere grandi risultati. Cubetto (Primo.io) è un giocattolo di legno per bambini, approvato dal metodo Montessori, che insegna le basi della programmazione informatica attraverso giochi e avventure.
Oppure Embrace (empatica.com), il braccialetto salvavita che monitora i pazienti affetti da epilessia e che ti avvisa se ti sta per venire un attacco. Il primo smartwatch approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente che regola i prodotti alimentari e farmaceutici negli Usa e che potrà essere utilizzato come dispositivo medico in campo neurologico. »
Il crowdfunding è un’importante fonte di finanziamento per numerosi progetti. Significa che ci sono ampi margini di sviluppo e crescita di questo modello?
« Si, è un importante strumento di finanziamento per tanti tipi di progetti ed è utilizzato per promuovere sia l'innovazione ma anche il cambiamento sociale. In alcuni settori credo si svilupperà ancora di più: cause sociali, cultura ed equity crowdfunding (quest'ultimo è la raccolta pubblica di capitali di finanziamento per startup innovative). »
Il successo sta portando alla nascita di svariate piattaforme che fanno da intermediari tra chi propone progetti e chi li finanzia, ma anche all'apertura di nuovi blog e siti che contribuiscono a diffondere questo nuovo tipo di finanziamento. Da questo punto di vista che differenze vedi tra gestire un progetto di crowdfunding e una campagna di digital marketing?
« Ci vedo poche differenze, perché un progetto di crowdfunding è un po' come il lancio di un prodotto. Bisogna analizzare il target, creare contenuti che convincano le persone a donare i propri soldi al progetto, e naturalmente avere un piano per raggiungere queste persone.
Anzi, è ancora più difficile di una campagna di digital marketing tradizionale, perché il "prodotto" ancora non esiste e bisogna in un qualche modo "venderlo" prima della sua realizzazione e quindi della sua disponibilità. »
Parlando di social media, che impatto hanno in un strategia di crowdfunding?
« Possono avere un grande impatto se si è in grado di raggiungere le persone giuste e innescare il passaparola. Ma non bisogna fare l'errore di pensare che basti aprire qualche canale social per avere successo. È necessario mettere in atto diverse azioni di promozione oltre i social, come ad esempio email marketing, digital PR, uscite stampa e magari anche qualche cena di finanziamento. »